REVIEWS


LE NOTE DI STURIALE DIVENTANO DISEGNI
di Carmelo Strano

In "Lacrimae" di Sylvano Bussotti potevi leggere la partitura cominciando da qualsiasi rigo musicale per poi continuare con altrettanto capriccio. In Angelo Sturiale, che tanto ammira il più anziano collega fiorentino, la performance (azione, ecc.) parte dalla notazione. In anni recenti, il compositore catanese, ti costringe ad entrare nel suo mondo scritturale visivo-sonoro. Proprio così: dapprima visivo e poi sonoro. Non esiste la griglia precostituita del pentagramma, né in senso strutturale né nel senso semantico.
Il sistema del 42enne musicista è fatto di visioni "tecniche", di simboli, anche multiculturali, sovrapposti e giustapposti. Innanzitutto simboli sincretisti mutuati da vari ambiti disciplinari. Ma forse il sistema di Sturiale non esiste. Per la semplice ragione che esso viene inventato a ogni composizione. Un caso di esasperazione post-neoavanguardistico? Non starei qui a scriverne, se così fosse. E' un sintomo forte della nuova condizione progettuale connessa con la nostra epoca di "unimplosiviness", di tensione incessante a formare equilibri instabili. La conclusione? E' che non puoi darti griglie di riferimento costanti. Chi vuole posare crome e biscrome nei quattro spazi o nelle cinque righe e magari sbizzarrirsi andando sopra e sotto, ben legittimato a farlo. Altrettanto lo è chi, cosciente del nuovo tempo "post" tutto (avanguardia, postmodernità), si inventa la vita. Resta chiaro allora che Sturiale non sta proponendo una rivoluzione, né di "temperamento" né di dodecafonia. Anziché proporre, si propone: come musicista (è anche pianista e direttore d'orchestra nell'ambito delle opere sperimentali) e come artista. Le due anime, visiva e sonora, colludono in senso sinergico nella scrittura musicale, ma in senso diacronico (momenti diversi) nei disegni a inchiostro.
Sono esposti, fino al 30 giugno, a Catania, alla Nuova Galleria Officina d'Arte (una collaborazione con l'americana Bohemian Gallery). Pentagrammi estesi a grafie, come dice l'autore, lungo circa 20 anni; o "spazi senza geografie". Racconti liberi, ora rarefatti, ora densi fino alla adiastematicità (assenza di intervalli), come fosse la scrittura "informale" di un altro catanese, Aldo Clementi, recentemente scomparso. Il dettaglio fino al cesello è la prima cosa che si coglie. Ma mirato a quale risultato iconografico? Aniconicità. Che tale, certo, non è per l'autore dei tracciati, dato che vive tra "polisemie e abissi di fantasie". Un tracciato che "suona" nella testa di Sturiale (Certo in un compositore tonale l'effetto sui suoi dipinti -Pennisi?, per restare in Sicilia- sarebbe figurale).
Dei suoi disegni Sturiale ricava proprio il suono in senso sinestesico che non ideale, come accade nel dipinto di Picabia "La musique est comme la peinture". In "Seibutsu" del 2003 le forme tendenzialmente filamentose si aggrovigliano delicatamente e respirano sotto gli occhi del fruitore e coinvolgono l'ambiente in questo loro ritmo dolcemente bradicardico. Una tessitura paziente, con esiti di apparente instabilità e inconsistenza che tanto sarebbero piaciuti a Fausto Melotti.

"La Sicilia", 26 Giugno 2012


STURIALE: NOTE DESTRUTTURATE
Apprezzato concerto di musiche del compositore catanese al Centro ZO


Un concerto interessante e di particolare valenza artistica, soprattutto per quanto concerne l'originale atipica manipolazione della materia sonora così come per le audaci e originali soluzioni espressive. quello proposto al Centro Zo, ove la formazione composta da Alessandro Mazzeo (performer), Daniela Orlando (voce), Stefano Zorzanello, (flauto) ha interpretato alcuni brani scritti dall’intelligente compositore catanese Angelo Sturiale che, oltre ad esibirsi al pianoforte, ha curato la regia dello spettacolo.
Una performance davvero affascinante. certamente riservata a profondi conoscitori del pensiero musicale contemporaneo, ma sintomatico di un innovativo sviluppo espressivo di rara raffinatezza e meticolosa euritmia morfologica.
L’ingegno di Angelo Sturiale s'evidenzia non solo nella meticolosa architettura compositiva. ovvero nella ricercatezza di personali geometrie multiformi nella struttura dell’organico strumentale e interpretativo saggiamente attagliato all’ambientazione delle varie composizioni. ma segnatamente per la concezione evoluta dell'essenza fondamentale del linguaggio musicale, il quale viene modularmene destrutturato e ricomposto in una sintesi rigidamente prefigurata. svolgendo con destrezza un lavoro di concertazione in un corpo unico in vorticosa caleidoscopica e costante trasformazione.

"La Sicilia", 11 Aprile 2006


UNA PERFORMANCE TUTTA PROVOCATORIA 
Angelo Sturiale, concerto-spettacolo al Centro ZO
di Laura Silvia Battaglia


Come rendere omaggio a uno dei compositori più scandalosi nel Novecento, se non con una provocazione che, se John Cage fosse stato in vita, avrebbe di sicuro gradito? Lo fa Angelo Sturiale, compositore siciliano per sua stessa definizione “utopista” e visionario”, che propone agli spettatori catanesi, la sera del 25 febbrario a ZO, “John Cage triute”. Un “concerto-spettacolo” in cui l’autore alternerà interventi strumentali, vocali e performativi in un florilegio ironico, per comunicare e sperimentare nuovi codici espressivi e gestuali. “Ma non è teatro”, ci tiene a precisare Sturiale, classe 1970 e una formazione sviluppata, partendo dai consigli di Sylvano Bussotti e Federico Incardona e passando per i giudizi di Gyorgy Ligeti, fino al recente premio internazionale Unesco-Aschberg che lo laurea compositore in residenza presso il “Conservatorio de Las Rosas” in Messico. Per trovare una definizione, questo lo si potrebbe chiamare uno “one-man-show” perchè Sturiale – che ha sempre amato sperimentare nuovi codici musicali e soprattutto nuove forme di trascrizione della musica vista dalla parte dell’interprete nei suoi aspetti più labili e soggettivi – in questo spettacolo fa proprio tutto da solo. Sarà voce, strumento e regia per quattro composizioni cageane: la famosa “aria”, scritta da Cage nel 1958 per Cathy Berberian, la moglie di Luciano Berio, “Variations II”, Autoku”, tratta dalla lucture “Time” , e “4’33’’”.
“Con questo spettacolo – afferma Sturiale – credo sia possibile dimostrare quanto l’aspetto performativo possa avere un ruolo determinante nell’interpretazione dell’opera di Cage”. Per questo motivo il giovane compositore ha messo a punto una drammaturgia che prevede, in “Variations II”, ad esempio, l’uso di oggetti del quotidiano per decontestualizzare i nostri concetti di suono v/s rumore, mentre sottolineerà l’effetto emotivo dei vari materiali musicali cambiandosi d’abito e cercando di sollecitare gli spettatori a una qualche reazione, anche fisica. Perché nella musica di Cage lo spettatore, anche se non lo sa, contribuisce a creare l’opera a seconda delle proprie aspettative, così come la lettura di un testo – per esempio di “Autoku” – diventa automaticamente partitura: Cage insieme a Sturiale si divertono a farci sentire il suono come materia, gioco, virtuosismo per l’udito. Questo è il motivo per cui, secondo Sturiale e contrariamente ad ogni diceria, “la musica di John Cage, tanto leggendaria quanto sconosciuta ai più, viene immediatamente compresa dai bambini, perché ancora privi di sovrastrutture culturali per distinguere e decidere cosa è suono da cosa non lo è”.
E’ necessario dunque rispolverare un modo diverso per fare musica? Sì, e questo è anche il motivo per cui propongo questo tributo: John Cage è un autore ancora poco eseguito, soprattutto a Catania. Un compositore problematico, ma per pregiudizio. La causa forse risiede proprio nel principio di casualità, che informa e giustifica tutta la produzione del compositore americano... Invece, anche le partiture più scandalose e destrutturate come queste pagine degli anni ’60 che propongo, hanno il diritto di essere ricordate come partiture classiche, nel senso che la loro apparente casualità non le esime da essere oggetto di interpretazione da parte di ogni generazione successiva.
Chissà se la consacrazione all’eternità della casualità, anche in musica, sarebbe stata approvata da John Cage.

"La Sicilia", 23 febbraio 2007


QUANDO LA MUSICA E' ALEATORIA
Sfrigolii, Ronzii nel curioso omaggio di Sturiale a Cage
di Sergio Sciacca

Catania. Inzia il concerto. Il musicista c’è. Il pubblico è attento. Si spengono le luci della sala. L’interprete osserva con attenzione lo spartito. A tempo debito gira i fogli (ovviamente non conosce par coeur il testo). Nel suo volto si susseguono varie emozioni, quasi tutte compunte, ma con una venatura di ironia. Solo che non ha nessuno strumento. La musica che si diffonde è l’assoluto silenzio, rotto da qualche colpo di tosse del pubblico (siamo in tempi di raffreddori), dallo scricchiolio di qualche panca, da un tonfo a distanza. L’interpretazione è perfetta. Angelo Sturiale ha dato la sua lettura di 4’33’’ che John Cage (1912-1992) scrisse quando aveva quarantanni e presto divenne il simbolo della musica aleatoria. Si susseguono i “brani”: “Aria (1958), Variazioni (1961), Autoku (1998): la melodia è data da sfrigolii, gargogliamenti, contrazioni della voce che sembrano quelle che normalmente usiamo per prendere il giro qualcuno; il pieno strumentale è dato dal ronzio di un frullatore, dall’arcata di un ventilatore, dal gracchiare di una radio a valvole.
Il concerto organizzato domenica scorsa come tributo al musicista americano presso il centro Zo, si è sviluppato così, con gli applausi fragorosi ad ogni fine di brano, mentre l’interprete si aggirava tra i palloncini, lanciava alcune bocce verso la sala, si aggirava in proscenio vestito da cow boy. Sullo schermo alle sue spalle scorrevano i mesostichi, apparenti incongruenze di parole. Il pubblico più attrezzato culturalmente seguiva, apprezzando: ma cosa c’è da apprezzare? Il grande mistero della creazione artistica che non consiste nella pretesa armonia di note e nella concettosità della parole.
L’arte è immediatezza che si riproduce di volta in volta nella mente del destinatario. Non ci fu viaggio più avventuroso di quello che Xavier de Maistre compì attorno alla propria stanza; non c’è musica più voluttuosa di quei taciti 4 minuti e 33 secondi in cui possiamo scandire la nostra sensibilità, le esperienze, notare quanto è difficile restare muti, come siamo fatti di sonorità più o meno volontarie. E quando la parola diventa canto si avventura nell’entusiasmo inventivo con parole spezzate dalle più varie origini in cui è il centro del significante a valere tra bordi sonori scarificati. Come in auto-ku, il cui primo pezzo è greco (e indica la singolarità) e il secondo è nipponico (e indica in cantare) e il risultato è lungi dall’una e dall’altra origine se solo l’ascoltatore sa combinare il proprio temperamento nel grande mare dell’essere.
Angelo Sturiale è musagete ideale: riesce a colorare i vari momenti, a fare vivere la sorpresa del gesto comune, a trasferire lo spettatore da una latitudine all’altra con i mezzi più comuni: un a ruota di motocicletta, un nastro adesivo teso allo spasimo. Su questo sfondo ognuno crea la propria armonia (se ne è capace) o almeno riconosce il caos geniale dal quale sorge il nucleo dell’arte. E’ stata una esperienza vivificante fuori dal comune repertorio di ripetizioni stancanti di partiture logore dall’uso. Se un prologo avesse spiegato queste ragioni, ne avrebbero tratto estetico giovamento anche quegli ascoltatori ignari che, stupefatti dalle apparenti stramberie dell’esecuzione, hanno guadagnato l’uscita anzitempo. Se non vuole passare per snob, l’artista deve anche farsi pedagogo.

"La Sicilia", 28 febbraio 2007


TRIBUTO A JOHN CAGE
di Ita Vasta

Angelo Sturiale rende omaggio all'avanguardista statunitense attraverso una originale lettura ed interpretazione di alcuni dei suoi brani più rappresentativi. Domenica sera al centro culturale Zo
Vi dice niente il nome di John Cage?
La musica d'avanguardia , quella della sperimentazione più coraggiosa e intraprendente, lo definisce come uno dei suoi massinmi rappresentanti. "Il Bach della musica contemporanea" secondo Angelo Sturiale, compositore siciliano per autodefinizione "utopista e visionario", che domenica sera renderà un personalissimo omaggio a Cage al Centro Culture Zo. Non una semplice esibizione dal vivo, ma uno spettacolo articolato in "quattro movimenti", in cui la musica è protagonista solo nel modo in cui uno sperimentatore come Cage, di cui Sturiale è profondo conoscitore, poteva intendere. 
Durante la serata si alterneranno pezzi vocali, strumentali, e performativi (previsto un paio di cambi d'abito) realizzati in un contesto scenografico altamente curato, il tutto in un "solo" che promette grandi sorprese che lo stesso Sturiale ci assicura, ma non vuole, ovviamente, anticiparci. Il programma prevede la rilettura di composizioni di assoluta originalità, come " 4’33’’ per un esecutore (1958)", la cui prima esecuzione suscitò scalpore: il pubblico si aspetta un'esecuzione canonica al pianoforte e viene lasciato in attesa. Questo l'invito, provocatorio se vogliamo, con cui Cage invoglia gli astanti a cercare una "musica interiore". Le altre esecuzioni si rifanno ai brani "aria per voce (1960)", "variations II per qualsiasi numero e tipo di esecutore e strumenti(1961)" e "autoku lecture per vocalista recitante (1986)".
Sturiale ci offre un modo per conoscere uno dei personaggi musicali più originali e geniali del Ventesimo secolo, l'inventore del "pianoforte preparato", l'esperto micologo di "Lascia o Raddoppia", il musicista che girò per le strade di Milano a caccia di suoni da registrare in quelle cassette che venivano sbobbinate, tagliate e "ricucite" a caso, come voleva la tradizione I-Ching, altra delle sue passioni e fonte d'ispirazione.
Appuntamento con uno spettacolo tutto da scoprire domenica 25 febbraio alle 21.00, con la musica di Cage e quella di Angelo Sturiale, un'incontro all' insegna di "remote avanguardie" e "classiche sperimentazioni".

24 febbraio 2007
STEP 1 - periodico telematico di informazione - Università di Catania 


TRIBUTO A JOHN CAGE 
spazio alle possibili musiche
di Roberto Pirruccio

Lo studio di Angelo Sturiale, sotto forma di tributo proposto al pubblico del Centro Zo, è un collage episodico di quattro tra le più audaci delle sue avanguardie. Un approfondimento che lascia spazio alla componente teatrale e figurativa.
Sturiale ha sviscerato, nei fatti, la filosofia di Cage. L'elemento fondante di questo tributo è stato, sostanzialmente, il polimorfismo del linguaggio. A cominciare dal celebre "4'33'' per un esecutore", in cui la facoltà di parola passa al silenzio: nell'accezione originale, è un invito a cogliere la dialettica del suono che, scomparso all'esterno, va - per necessità - ricercato nella propria intimità. «La musica è suono e silenzio. Integrarli vuol dire comporre. Non ho niente da dire, e lo dico» asseriva John Cage.
La recitazione di "Aria", poi, apre una finestra sulle potenzialità della voce di riprodurre e condensare i suoni della quotidianità. Sturiale si cimenta quindi nella lettura di suoni graficamente resi su carta, riscaldati (o raffreddati) dalle diverse tonalità di colore e dall'intensità del tratto. Si presenta in veste di moderno gringo, in "Variations II", incastrandosi in un'agonia di meccanicità, di oggetti ritmicamente pre-confezionati e di rumori arrugginiti. Finora è il Cage di fine anni '50 che gioca con le altre musiche, per l'appunto.
L'ultimo movimento dello spettacolo è "Autoku lecture", uno degli ultimi lavori di Cage, che consiste nel virtuosismo linguistico della combinazione a incastro tra le parole e loro grafia, a far intendere la potenzialità infinita nel raccordo interno dell'espressione stessa. In parole povere, il senso che decade in relazione alle convenzioni sul significato, acquisendo invece diverse direzioni di leggibilità, di inflessione e di accentazione.
In definitiva, quel che può definirsi una "faticaccia". Sturiale pare aver sondato l'opera di John Cage in maniera capillare, affrontandone però la post-contemporaneità esclusivamente attraverso il canale teatrale. Una grossa percentuale del tributo rischia così di perdersi nell'autorefenzialità, o comunque di ingabbiarsi nella ristretta cerchia degli aficionados dell'autore statunitense. Chi avesse voluto avvicinarsi alla complessità di Cage, forse avrebbe potuto trovare un efficiente veicolo di mediazione nelle sue composizioni per pianoforte.

27 febbraio 2007
STEP 1 - periodico telematico di informazione - Università di Catania 


PREMIO UNESCO AD ANGELO STURIALE
La prima volta di un italiano. Prestigiosa affermazione del catanese
di Laura Silvia Battaglia

E' l'unico italiano ad avere vinto il premio Unesco-Aschberg, indetto per tutte le discipline dell'arte ed è catanese. Angelo Sturiale, classe 1970, vivrà per 6 mesi nel Conservatorio di Las Rosas in Morella (Messico) - che è il più antico dell.America Latina - e, alla fine, vedrà realizzata l'esecuzione dell'opera monumentale per la quale è stato insignito: la messa in musica dei 26 libri del Dhammapada, praticamente la bibbia del canone buddista. Si tratta di una rilettura unica, tenuto conto che nessun artista occidentale aveva ancora scelto di utilizzare testi di una tradizione religiosa così lontana per musicarli, ma unica lo è anche perché, rispetto ai canoni compositivi tradizionali, quest.opera si discosta per tecnica e linguaggio.
Sturiale, che ha avuto per maestri Federico Incardona e Sylvano Bussotti, e si è poi formato a Darmstadt, spiega: «Più che sovrapporre due codici, ho tradotto l'uno nell'altro, trasponendo la struttura fonetico-sillabica del testo poetico in struttura metrico-musicale". Quasi un nuovo contrappunto, quello di Sturiale, da sempre appassionato di linguistica, semantica, codicologia e coreologia: «L'importante, per creare simmetria tra i due testi, era far coincidere in verticale gli stessi fonemi in comune tra due o più versi di uno stesso libro». Operazione insolita che, per ogni libro del Dhammapada, coinvolge tanti esecutori quanti sono i versi. E gli effetti sono i più svariati: si va dalla declamazione alla cantillazione, alla recitazione, in una integrazione sostanziale tra tecniche esecutive e forme estetiche europee e asiatiche, e con particolare attenzione anche all'architettura scenica, nella disposizione fisica dei cantori sul palco. L.opera di Sturiale, di cui tre libri sono già stati eseguiti in giugno a Bologna, durante la rassegna di musica contemporanea «Suoni e Luoghi» nella Basilica di S. Petronio, rappresenta il punto di arrivo di una ricerca passata attraverso l'affinità con le opere di Cage, Kagel, Stockhausen e Xenakis, e costellata dall'affermazione in numerosi concorsi come il «Next Millennium Compositiorn Award» di Tokyo, nel 1998, quando Gyorgy Ligeti ebbe a dire di una composizione di Sturiale per 87 elementi che si trattava di un lavoro «veramente unico, esoterico e stravagante» ma «ineseguibile, utopico».
Questo perché l'opera del giovane siciliano impone agli esecutori dei diktat per nulla tradizionali, ma anche perché la sua ricerca sulle forme di notazione per musica e per danza ha un valore rituale che ne annulla quasi quello fruitivo. Se, però, per «dogmatico divieto estetico» le opere di Sturiale non sono pubblicate e incise, ci si auguri di dare almeno un.'cchiata alle sue partiture sul sito www.angelosturiale.com o di ascoltarlo presto dal vivo; i principi niversali di non violenza e tolleranza che, specie nel suo ultimo lavoro, Sturiale propone, parlano a uomini di diverse aree geografiche ed estrazioni culturali, e non c'è il rischio di non intendere il codice cui tutti anelano: quello della pace.

"La Sicilia", 2 novembre 2004


ESTATE CATANESE '96
Interessante vetrina di compositori siciliani

Raramente ci è stato dato di ascoltare così tanta musica contemporanea a Catania come è avvenuto durante il Festival “Estate Catanese ‘96”. Si è snodata infatti in quattro serate la “Rassegna dei compositori siciliani”, una bella iniziativa per avvicinare il pubblico alla musica contemporanea (che più che non essere compresa è scarsamente conosciuta). [... ]
L’appuntamento del 18 luglio ha visto protagonisti quattro compositori catanesi dalle diverse personalità. [...] Indubbiamente dall’esecuzione dei loro lavori è risultato in termini particolarmente evidenti lo stacco tra Angelo Sturiale e gli atri tre compositori (Giuseppe Cantone, Pietro Cavalieri e Letizia Spampinato) da intendersi non in senso qualitativo besì temporale e ideologico (il primo è il più giovane tra i quattro musicisti e come diremo più avanti usa un metodo di composizione atipico). Se “classiche” infatti si possono definire le creazioni, ascrivibile a una forma artistica di confine tra la danza e il teatro e il “Solo” (da “Liturgia Defunctorum”) di Sturiale. Questo spiega perché, nonostante il reale successo di pubblico riscosso dalla manifestazione nel suo complesso, quest’ultima opera sia stata quella che abbia suscitato più interesse rompendo l’atmosfera da ordinario “concerto da camera” con un “treanos” agghiaggiante eseguito dalla brava Daniela Orlando.
Il Solo di Sturiale, elaborato in base a una tecnica di composizione che fornisce all’esecutore delle direttive su cui orientare i movimenti del corpo o la produzione del suono, e che sembra perciò ricordarci che ogni oggetto artistico è destinato ad essere “ricreato” continuamente e che ogni forma compositiva non è appannaggio esclusivo dell’autore, ma è una forma indeterminata destinata ad essere “risolta” dall’esecutore, ha svolto una vera e propria funzione “straniante” sugli ascoltatori. Questo mini-spettacolo che ci ha ricordato quanto teatrale sia nella nostra cultura la manifestazione del dolore e della morte, ha suscitato l’ilarità e l’iniziale dissenso di alcuni spettatori (quale metodo migliore per esorcizzare Thànatos?) e l’entusiasmo di parecchi altri. Per parte nostra riteniamo molto interessante l’operazione di Sturialee auspichiamo di potere ascoltare integralmente la “Liturgia Defunctorum” possibilmente in seno a una manifestazione che più si attagli a forme d’espressione artistica – come si è rivelata questa- di “confine”. [...]

agosto-settembre 1996


EL SILENCIO HABITADO
por Ivan Naranjo

El pasado sábado se realizó en el claustro del Conservatorio de las Rosas una presentación poco común. Una improvisación guiada por el compositor italiano en residencia Angelo Sturiale. Poco común no sólo para el público, sino también para los músicos participantes, acostumbrados a leer partituras, a tener una relación con el instrumento llena de limitantes, llena de nos.
Inicialmente pensada para durar nueve horas y finalmente durando cinco, esta improvisación fue pensada precisamente para propiciar una diferente relación con el instrumento y con la escucha misma.
Siguiendo señales básicas dadas por el director, los instrumentistas teníamos la libertad de explorar todos los recursos posibles del instumrento o de los intrumentos ­ya que había la posibilidad de tocar un instrumento al que no estábamos acostumbrados­, de recorrer todo el cuerpo de éstos, todos sus materiales y posibilidades sonoras. Además, ofrecía la oportunidad de participar en una música en la cual la percepción del tiempo no es metronómica, un tiempo más bien caótico, sin pulso constante, orgánico, y a una música no basada en relaciones de alturas, procesos armónicos, rítmicos, ni formas clásicas. Una improvisación casi totalmente libre.
La elección de la duración total de la obra pretendía llevar la experiencia musical al límite, tanto en el aspecto físico de la ejecución del instrumento como en el del acto creativo mismo y de la escucha, aunque en la práctica no estoy seguro de que haya quien duró las cinco5 horas completas y más bien me parece que la mayoría, incluyéndome, estuvo presente menos tiempo y fuimos relevo de instrumentistas anteriores.
A pesar de que tal vez no salió como había sido previsto, el evento del sábado pasado realmente era necesario para nuestra ciudad; la improvisación es poco común en Morelia, a no ser por la improvisación jazzística que, aunque es poca, goza de tener representantes de calidad. La improvisación libre, sin embargo, rara vez se presenta y pocos se interesan en ella, y lo más normal es que exista sólo para los que la experimentan en la intimidad de sus casas o en lugares no abiertos al público. La improvisación libre da lugar a música donde rara vez hay algo preestablecido y sólo se ve condicionada por la elección instrumental, las posiblidades técnicas de los instrumentistas y la relación entre ellos; la manera en que dialogan, forjada en el transcurso de la experiencia misma.
En la actualidad son numerosos los compositores que practican la improvisación, y de muy diversas maneras, muchas frecuentemente como parte de una obra escrita que deja ese espacio libre, esa ventana abierta a experiencias no del todo controladas. La obra Cobra, de John Zorn, procede de manera similar a la propuesta de Angelo Sturiale: liderada igualmente por un director, la improvisación no especifica número de intérpretes ni instrumentación preestablecida. El director marca entradas y muestra pequeños cartones de colores con una letra escrita sobre ellos, la cual únicamente significa, de una manera ambigua, la manera de tocar el instrumento; por ejemplo, una F mayúscula significa fist (puño), por lo que hay que tocar de alguna manera el instrumento con el puño, sea guitarra, oboe o cualquier objeto o instrumento. En la obra Exótica, el compositor Mauricio Kagel pide a los intrumentistas tocar un instrumento diferente al que están acostumbrados y marca en la partitura únicamente ritmos, ataques y dinámicas, propiciando situaciones contradictorias de diversión o nerviosismo por parte del intérprete, que se ubica en territorios desconocidos. Bernhard Lang, por su parte, siendo miembro de tres o más grupos dedicados a la improvisación, al componer parte siempre de improvisaciones previas, cuyas grabaciones transcribe, sirven de material prefijado para una nueva improvisación y nuevamente las transcribe, generalmente estas últimas transcripciones se fragmentan y forman parte de un discurso fracturado en el que el loop (fragmento musical que se repite circularmente) forma la base de la obra, evitando con este acto lo lineal que las improvisaciones suelenser. Quizá la forma más común de improvisación en los últimos tiempos es la electroacústica, la de instrumentos acústicos procesados electrónicamente en vivo y el lap top performance, en las que el único instrumento es la computadora. En nuestro país existen varias agrupaciones dedicadas a estos tipos de improvisación, casi siempre con un compositor detrás de la computadora; podemos mencionar a Belle Rogue, re5i5tol s000, o al dueto Ignacio Baca Lobera-Wilfrido Terrazas, entre otros, cada vez más. Propuestas hay muchas, espacios, pocos.

La Jornada Michoacán (México), mayo 2005


LA MÚSICA ES UN PROCESO QUE NO SE DETIENE: ANGELO STURIALE
El compositor italiano presentó ante alumnos del Conservatorio de Las Rosas su obra "Escritura del Mar"
por Luis Galbino Alzati

“Para mí, componer para orquesta implica todo un reto, porque antes la orquesta tenía, entre otras funciones, la de enviar una idea de volumen a la audiencia, pero hoy tenemos amplificadores. Si no se compone música con una idea diferente de orquesta es difícil que a un compositor le faciliten contar con una agrupación deestas dimensiones para que interprete sus obras”, comentó el compositor italiano Angelo Sturiale, residente en el Conservatorio de Las Rosas ante alumnos de esa institución la tarde del lunes durante la audición de su obra –inmensa, por cierto– Escritura del mar, ganadora del tercer lugar en el concurso de composición en Viena, Austria, en marzo de este año.
Junto a la "Escritura del mar" se presentó el video El sonido de la ciudad, realizado por Carlo lo Giudice y el propio Sturiale, en donde se elabora una propuesta sonora y visual mediante la cual se pretende traducir en sensaciones la atmósfera de las diez urbes donde se elaboró el proyecto. Cabe mencionar que el video no muestra secuencias convencionales, sino que su montaje se ordenó con base en los lineamientos del choque entre música. El creador siciliano explicó a los escuchas que la pieza se diseñó para ser interpretada por una gran orquesta, aunque en la grabación que se escuchó hay presencia de algunos sonidos insertados durante la masterización y otros tantos referentes a la respiración de los músicos que se pierden en la cinta y, como es característico de él, advirtió que no habiendo otro recurso tendrían que escuchar la grabación, aunque prefiere la versión acústica, donde se hace más patente el constante fluctuar de sonidos semejantes a olas.
Sturiale mostró la partitura para expresar una idea mucho más clara de los preceptos sonoros contenidos en la obra; por ejemplo, señaló: “Me interesa más describir acuerdos o encuentros de sonidos indefinidos, que son definidos porque hay ese encuentro en la orquestación”. Indicó que las cuerdas siempre están tocando, al igual que las percusiones, porque en éstas no existe el problema de que el músico respire, en cambio en los alientos y las maderas los sonidos están directamente relacionados con la respiración de los ejecutantes. “En la versión acústica siempre está presente la sensación de viento”, dijo. Asimismo, detalló que la obra está sustentada por un gran plano (macro estructura) en el que se intercambian continuamente las olas de sonido (micro estructura).
El músico reiteró que no le interesan algunas notaciones como las alturas, y mucho menos las indicaciones de forte, piano, o mezzoforte; “no significan nada, sólo he puesto dos indicaciones: blanco y negro, porque la partitura no es una estructura muerta sino algo en constante cambio”. A esto agregó que “el conductor de la orquesta y el músico contribuyen con el tiempo de la pieza de manera independiente al compás que se ha establecido, de ahí su carácter fluctuante; por ello, señaló, me interesa la filosofía budista y su concepción manifiesta de la impermanencia, porque estoy explorando las posibilidades de una búsqueda que cambia siempre, una música que se descubre sólo cuando se escucha, que tiene reglas de formación de sonido pero no una descripción como normalmente se compone, pues, aseveró, me gusta que los músicos estén siempre en precariedad sobre el escenario porque de esa manera rinden más, no me gustan los que estudian y se aprenden la partitura y salen a tocar convencidos de que se saben la pieza, porque dejan de prestarle atención, porque la música es un proceso que no se detiene, no una descripción”.
Habló también de la segunda parte de esta colección de composiciones, titulada Escritura para las flores y las piedras, que escribirá en Morelia, diseñada para orquesta y percusionista, y sobre la última pieza, que llevará el nombre de Escritura del cuerpo después del amor, planteada para que la ejecute una gran orquesta y un coro de 48 voces. Comentó que los músicos de una orquesta tradicional no son muy abiertos para interpretar las obras contemporáneas, puesto que se sienten desprotegidos; en su caso, dijo, el director de la orquesta deViena convenció a los intérpretes de presentarla porque no querían, pero es mejor que se realice en forma acústica, porque los sonidos que se logran en vivo no los consigue la electrónica, concluyó.

La Jornada Michoacán (México), 1 junio 2005


Concluyó el Festival Arte Joven con la participación de los Niños Cantores de Morelia
CARLOS F. MÁRQUEZ

El pasado sábado, los Niños Cantores de Morelia clausuraron las actividades de la quinta edición del Festival de Arte Joven, el cual es impulsado por el Conservatorio de las Rosas como una forma de compartir con la sociedad las evoluciones en la formación musical de sus alumnos, y como una alternativa de difusión del trabajo realizado por los noveles talentos. En el Palacio Municipal como sede, los Niños Cantores de Morelia ofrecieron un excelente repertorio integrado por obras de Bizet, Schubert, Federico Ibarra, Mozart, Miguel Bernal Jiménez, y estrenaron Estudio para niños, obra compuesta por el siciliano Ángelo Sturiale y su director, Hernán Cortes, especialmente para esta agrupación. [...]
Sin duda, lo mejor de la tarde fue el estreno mundial de Estudio para niños, del siciliano Ángelo Sturiale, que se encuentra en una residencia como catedrático del Conservatorio de las Rosas. Con la convicción de que la música es una experiencia que tiene que vivirse, Ángelo Sturiale enfrentó a los Niños Cantores de Morelia con el reto de interpretar una obra que va más allá de lo musical, a través de la experimentación con la acústica corporal y del propio espacio arquitectónico, en una sui generis experimentación con el movimiento corporalde los intérpretes. La obra, que aprehende de manera fidedigna esa inocencia y carácter lúdico de la infancia, comenzó con un sonido de los niños que suben y bajan corriendo las escaleras de Palacio Municipal, una vez colocados en la segunda planta, recorrieron los pasillos con un imperceptible percutir de sus manos sobre el barandal y una sola nota de largo aliento, consiguiendo de esta manera involucrar al espectador dentro de la dimensión sonora que estaba planteando. La exploración vocal, que iba desde las notas altas donde percibimos prodigiosas voces de amplio registro, hasta los murmullos y sonidos onomatopéyicos, llevó a buen término las concepciones musicales de Ángelo Sturiale, donde también es imperante destacar el profesionalismo y versatilidad de los Niños Cantores de Morelia.

La Jornada Michoacán (México), 16 mayo 2005


TERCER LUGAR DEL CONCURSO INTERNACIONAL DE COMPOSICIÓN PARA ORQUESTA DE VIENA
Debatirán en Las Rosas sobre la obra del siciliano Angelo Sturiale
Se podrá escuchar Escritura del mar, del catedrático residente del Conservatorio

El compositor siciliano Angelo Sturiale, que visitará Morelia en octubre próximo, como catedrático residente del Conservatorio de Las Rosas, se hizo acreedor del tercer lugar del Concurso Internacional de Composición para Orquesta de Viena, por la obra Escritura del mar, que a raíz del certamen fue grabada por la Tonkünstler Orckester y que mañana podrá ser escuchada en la Sala Audiovisual del Conservatorio de Las Rosas a las dos de la tarde, donde la asociación de compositores Croma, establecerá un diálogo en torno a las obras del destacado músico.

Escritura del Mar

En entrevista con La Jornada Michoacán, Angelo Sturiale comentó que Escritura del mar, es la primera parte de un ciclo de composiciones para orquesta; la segunda fue escrita en Morelia y lleva por nombre De las flores y de las piedras, mientras que la tercera parte, contemplada para coro y orquesta, se titula Escritura del cuerpo después del amor, y comenzara a escribirla en la ciudad para concluirla en Italia. El compositor destacó que cada obra tendrá un sistema de notación diferente, con la finalidad de explorar nuevas formas de orquestación y escrituras que permitan a los músicos elaborar en tiempo real el sonido, y por lo tanto, producir estructuras tímbricas complejas. “Para mi la música es un mundo poético que exalta las emociones, Escritura del mar no es sólo un título relacionado con la descripción del mar, ya que éste puede interpretarse de diversas maneras porque cada quién tiene un mar interior; es mas bien un título simbólico como provocación para que cada quien explore sus mares” agregó Ángelo Sturiale. “Escritura del Mar, es un fluctuar de sonidos a manera de olas que en cuanto terminan son sustituidas por otras mareas, lo que da como resultado que los músicos no cesen de tocar durante los 12 minutos de la composición, incluso la respiración de los intérpretes se expresa mediante el instrumento. “Lo que planteo es un mar con muchos sentido; un mar onírico que está relacionado siempre con los elementos de la filosofía budista y su concepción de precariedad que se mantiene presente en mi música.”

Encuentro con Croma

“Mañana presentaré la grabación de Escritura del mar y videos de mis composiciones en las que exploro el espacio, a la asociación de compositores Croma, maestros y alumnos del Conservatorio de Las Rosas, quienes intercambiarán impresiones de mi trabajo. “Sería bueno vincular a los alumnos del Conservatorio de Las Rosas, con los de otras escuelas, por ejemplo la Escuela Popular de Bellas Artes, ello para generar obras en las que converjan elementos musicales, escénicos y plásticos, la cual podría insertarse en el estilo de obras a las que denomino musicoreografías, que no son obras multimedia, porque no creo en ellas, creo más en las propuestas orgánicas y la integración de músicos, bailarines o actores en una partitura; soy un maníaco de las masas y me gustaría componer una serie de obras a partir de la reunión multitudinaria de músicos en un espacio arquitectónico con cualidades particulares”. Ángelo Sturiale tiene una concepción de la música bastante compleja, en la que se contempla desde la relación orgánica del individuo con los sonidos, hasta la exploración de los espacios arquitectónicos y el vínculo con la danza, que encuentran su expresión en una vertiente a la que el compositor llama musicoreografía. Para concluir, el compositor señaló que en un mes realizará un performance en un parque París, el evento será durante la noche, ya que Angelo Sturiale, estará desnudo frente a un piano blanco que reflejará un conjunto de luces dispuestas a lo largo de su cuerpo, el público lo podrá ver y escuchar desde una distancia considerable, que será alterada cuando el músico recorra el espacio con su piano, este acto coincide con las búsquedas del siciliano, quien afirma sentirse atraído por la creación de obras ex profeso.

La Jornada Michoacán (México), mayo 2005


LA MÚSICA NO ES UN PRODUCTO, 
ES UNA EXPERIENCIA QUE DEBE VIVIRSE: STURIALE
El compositor siciliano fungirá hasta octubre de este año como catedrático residente del Conservatorio de Las Rosas

Angelo Sturiale está convencido que la música no es un producto, “sino una experiencia que debe vivirse”, totalmente en contra de las reproducciones, y considera que “si no pudiste escuchar un concierto es mejor esperar algunos meses a que éste se repita, y si no ni modo, porque la única manera de escuchar verdaderamente la música es en vivo; los grandes conciertos se recuerdan a pesar del tiempo, esa experiencia no la producen los discos”.
Angelo Sturiale es un compositor cuyas obras son en síntesis, complejas y por demás interesantes –y aquí el interesante no se usa como incapacidad para describir el trabajo del artista–, su relación con las tendencias posmodernas de la música lo definen como un creador que no se limita al campo musical, sino que indaga en la instrumentación del cuerpo y la mente, un musicoréografo, como se autodefine, trasciende la mera función expresiva de ésta y busca llevarla a un plano donde lo sustancial de sus piezas se disuelve con el todo porque desde un principio han sido parte de éste.
El compositor siciliano será hasta octubre de este año, catedrático residente del Conservatorio de Las Rosas, como parte de la beca UNESCO-Aschberg para la que creará una obra ex profeso, antes de emigrar a Japón donde realizará una serie de trabajos para instrumentos europeos y orientales. “Sin temor a equivocarme puedo decir que artística y humanamente ésta es la residencia más importante que he vivido; Morelia es una ciudad maravillosa para un compositor de Europa, aquí he aprendido lo que significa ser europeo, es una tierra distinta a la que uno se imagina; los estudiantes de composición están abiertos a las tendencias musicales contemporáneas, lo que permite diseminar recursos y conocimientos que generen una visión creativa particular de México. Esto es sumamente importante, ya que considero que los creadores deben indagar y profundizar en sus raíces prehispánicas o sus tradiciones, dialogando siempre con el entorno actual; se puede hacer música contemporánea en íntima relación con la realidad sin que sea algo folclórico o nacionalista”, expresó.
Desde ese punto de vista, señaló que la realidad de la música mexicana se puede desarrollar remitiéndose desde un punto de vista filosófico y estético nuevo, acorde con los recursos antiguos y modernos que se tienen, lo que aplica para cualquier país, y eso es algo de lo que busca en sus composiciones. Aunque joven, Sturiale ha tenido una amplia experiencia en el campo de la composición, a la vez que ha estudiado con respetados maestros en Europa, por ejemplo, en 1994 fue invitado por el musicólogo alemán Heinz Klaus Metzger (teórico de John Cage) para asistir a los Cursos Internacionales de Verano en Darmstad, Alemania. Es maestro en piano por el Conservatorio de Música de Catania, Italia, y doctor en humanidades por la universidad de esa ciudad.
A lo largo de este año, Angelo Sturiale estrenará y presentará varias obras de su autoría, algunas ya se han interpretado en Europa y Asia, sin embargo lamentó no poder estrenar un trabajo que para él representa la síntesis de muchos de sus conceptos musicales, composición que se remite a los 26 libros de un texto de Buddadharma denominado Dhammappada, traducido al castellano como Proverbios o palabras del Buda; la literatura oriental y las lenguas antiguas han sido una constante fuente en sus estudios, de éstas le atraen “la abstracción”, la especulación filosófica, la referencia de la impermanencia y la sensación permanente de experimentar el rito”.

La Jornada Michoacán (México), 25 abril 2005


LOS INSTRUMENTOS TRADICIONALES DE JAPÓN, UN RETO PARA OCCIDENTE
Angelo Sturiale, compositor de Sicilia, concluyó su residencia en el Conservatorio de las Rosas y viaja a la nación asiática
CARLOS F. MÁRQUEZ

Angelo Sturiale –compositor originario de Sicilia–, realiza una residencia artística en la Universidad Nacional de Música de Tokio, Japón, donde además de realizar una investigación sobre el género tradicional de música gagaku, ha creado dos composiciones: Mumonkan, basada en la filosofía Zen, y Diario japonés, obra en la que incursiona en la música producida por computadora, vertiente de la cual se había mantenido un tanto distante, pues este compositor se ha caracterizado por crear obras en las que explora las posibilidades acústicas del sonido y la relación espacio-música. Durante una breve estancia del compositor en nuestra ciudad, donde el año pasado realizó la labor de catedrático residente en el Conservatorio de las Rosas y estrenó una serie de obras, conversó con La Jornada Michoacán y sobre sus últimas creaciones puntualizó: “Mi residencia de investigación en la Universidad Nacional de Música de Tokio es resultado de un premio otorgado por la Fundación Canon, que me permite realizar una investigación de la música tradicional japonesa, particularmente del género gagaku o música de la corte imperial, que sigue siendo interpretada de la misma forma en que se hacía hace mil años. Este género mantiene su fortaleza a pesar de que han pasado más de mil años de historia”, comentó Angelo Sturiale.
De manera paralela a su trabajo de investigación, el siciliano realiza un proyecto de composición para instrumentos tradicionales de Japón, y al respecto comenta: “Para un compositor occidental es una ocasión irrepetible poder confrontarse con una realidad más rica y diversificada de la música. Allá acabo de componer una obra para Sakuhashi –flauta tradicional de Japón– y es una obra con la que estoy muy contento porque no la compuse con la idea de que se pareciera a la música de ese país, sino que mi interés era hacer una composición para instrumentos japoneses manteniendo mi lenguaje y mi identidad como compositor. Para los japoneses la composición para sus instrumentos tradicionales es muy seria y controvertida. La sonoridad de sus instrumentos es muy característica y muy especifica, por tanto es un riesgo componer para ellos, porque son instrumentos muy conocidos y poco flexibles, es difícil componer una música distinta porque el sonido ya te sugiere incluso un tipo de técnica”.
El compositor enfatiza que en su trabajo creativo trata de adaptar los instrumentos japoneses a un lenguaje propio, ya que considera poco interesante para él y para la cultura japonesa la producción de composiciones que traten de imitar las formas musicales de los nipones. Agregó que trata de mantener su estética compositiva, que ha sido influenciada enormemente por elementos del budismo y la filosofía Zen. En sus obras estrenadas en Morelia pudimos percibir una constante búsqueda de las múltiples posibilidades del fenómeno acústico y la relación del sonido con el espacio. ¿En estas últimas producciones continúa con esas búsquedas? –En el caso de la obra que compuse para Sakuhashi, Mumonkan –título extraído del libro clásico de la filosofía Zen que en su traducción al español quiere decir: la barrera sin puerta–, el objetivo era usar la sonoridad del instrumento manteniendo mi estética, mi gramática e identidad. Está inspirada en un importante texto budista clásico que le da nombre a la obra y que es integrado por 48 koans, que son relatos o diálogos entre un maestro y su discípulo. Mi composición también está basada en 48 momentos en los que trato de explorar y aprovechar la respiración y el aliento del flautista ante su instrumento. La notación es muy esencial, muy filosófica y radical en su esencia, resultado de un proceso de aproximadamente cinco años en el que he tratado de hacer una notación musical esencial. Es una obra que no se puede ejecutar muy fácilmente, a pesar de que es básica y esencial como todo lo que es Zen, pero requiere un conocimiento interior del instrumento más que exterior.
“La obra tiene 48 fragmentos en forma de papel a manera de cartas; antes de la ejecución el músico mezcla las cartas y las pone frente a la audiencia, obviamente la secuencia será casual, pero la capacidad del ejecutor consiste en conseguir ligar las cartas de manera que escuches algo muy musical, muy lógico o que simplemente tenga una idea de composición en tiempo real; entonces es un desafío para el instrumentista yuna tensión continua para la audiencia. Una característica de mi trabajo es el interés por mantener siempre un contacto vivo con la audiencia, no me gusta pensar que un músico ensaye una obra y la presenta como la ensayó, me interesa mucho el nivel de sorpresa y de tensión, de cosas que no se pueden controlar antes de la presentación.

La Jornada Michoacán (México), 20 enero 2006